Per controinformazione, in genere, si intende la diffusione, attraverso i mezzi di comunicazione alternativi, di informazioni che si ritengono taciute o riportate in modo parziale e non obiettivo dagli organi di informazione ufficiali. Gli introiti della stampa mainstream italiana sono, da anni, in caduta libera. A certificarlo, fornendo nuovi spunti relativi al confronto tra il 2023 e le annate precedenti, sono le statistiche diramate da ADS (Accertamenti Diffusione Stampa, società che certifica diffusione e vendita delle copie dei giornali nel nostro Paese), che segnalano un brusco calo in quasi tutte le voci. Specie nel settore del cartaceo, che fa acqua da tutte le parti. La stampa è capace di raccontare il ‘”bello e buono”?  “Che sia capace, non c’è ombra di dubbio. Che lo faccia, un po’ meno. Noi non crediamo, comunque, alla retorica della buona notizia. Crediamo invece che l’informazione recupererebbe credibilità se raccontasse in modo più fedele la vita che ci circonda. Ci sono editori che teorizzano si debba dare solo la cronaca perché alza gli ascolti. Ma che credibilità può avere un’informazione in mano a pochi ricchi industriali legati da un amore filogovernativo ai politici meno stimati e amati? Le Slapp sono cause legali in cui è palese una grossa sproporzione di potere tra la persona o organizzazione che fa causa e chi viene accusato: il loro obiettivo non è necessariamente vincere il processo, ma comunque intimidire – anche soltanto attraverso i molti oneri ed effetti dello svolgimento di un processo – la persona accusata e scoraggiarne il lavoro, togliendole tempo, soldi e iniziativa. Approfittando anche dello scarso senso comune della presunzione di innocenza, che fa sì che chiunque si trovi sotto accusa venga messo in una posizione di debolezza e rischio. La maggior parte delle volte l’accusa è di diffamazione, ed è rivolta quasi sempre a giornalisti, blogger o attivisti che abbiano scritto o detto in pubblico qualcosa che qualcuno sostiene essere diffamante nei suoi confronti. Le conseguenze possono essere sia penali – quando le Slapp vengono presentate in forma di querele – sia civili, quando viene chiesto un risarcimento per danni. Sia la querela che la causa civile sono piuttosto semplici da presentare: per la prima non ci sono costi iniziali e, volendo, non è nemmeno necessario un avvocato. Quando si parla di Slapp però ci si riferisce quasi sempre a cause intentate da persone o organizzazioni che hanno disponibilità economiche in grado di sostenere agevolmente lunghi processi: è invece assai più dispendioso – in termini di tempo, soldi ed energie mentali – difendersi per un giornalista, blogger o attivista, che in molti casi deve provvedere da solo a pagare un avvocato. Chi presenta le Slapp è generalmente consapevole di questa sproporzione e la sfrutta a suo favore. In Italia vengono spesso chiamate indistintamente ‘querele temerarie’, con qualche confusione, sia le cause civili che quelle penali: la ‘querela’ però nel linguaggio giuridico si riferisce solo a cause penali. Vengono definite ‘temerarie’ perché sono affrontate malgrado l’incertezza del risultato finale, ma appunto a scopo di risposta o minaccia nei confronti dell’accusato. Gli effetti delle Slapp e della loro frequenza sono infatti molto concreti: può capitare che per paura di affrontare processi molto dispendiosi un giornalista eviti di trattare un certo argomento o di parlare di una certa persona. Inoltre non è raro che alcune testate – soprattutto quelle più piccole o appartenenti a cooperative indipendenti – decidano di non occuparsi di alcuni temi per evitare problemi. Questo però influenza molto la qualità del lavoro giornalistico: sia nella libertà dei giornalisti di scegliere gli argomenti di cui occuparsi, sia nel modo in cui ne scrivono.

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